Come si
osserva, il Venezuela è lo stato che cresce in maniera più sostenuta,
sia per quanto riguarda il PIl (+378%), che il pil pro capite (+273%).
Inoltre accresce anche il peso della sua economia nella regione: nel
1996 l'economia venezuelana rappresentava il 4.5% della economia totale
della regione; oggi è arrivata al 11.77%. Il brasile rimane la prima
economia della regione, anche se diminuisce leggermente il suo peso
all'interno della regione.
Se consideriamo il PIL pro
capite, i venezuelani sono di gran lunga i più ricchi dell’America del
sud con 11.789 dollari annui a testa; seguono i cileni con 9.525 dollari
di Pil pro capite, gli uruguaiani con 9.425, i brasiliani con 8.220 e
gli argentini con 7.725 dollari. I più poveri sono in assoluto i
boliviani con solamente 1.723 dollari di Pil pro capite annuo.
Dunque, per la prima volta il
Pil del Venezuela è superiore a quello dell’Argentina. Ricordiamo che
l’Argentina, per i pimi cinquant’anni del XX secolo è stato il paese più
ricco dell’America del Sud, anzi di tutta l’America Latina. Nel 1950 è
superata, per PIL, dal Brasile; nel 1959 è superata dal Messico ed oggi,
per la prima volta è superata dal Venezuela, che diventa così la
seconda economía della regione.
Il Venezuela, fino alla
scoperta del petrolio, è sempre stato un paese più povero rispetto a
Uruguay, Argentina e Cile. di gran lunga i più ricchi dell’America del
Sud. Ancora nel 1920, il reddito pro capite di questi tre paesi era
praticamente il triplo di quello del Venezuela. Ma già nel 1930 la
differenza è quasi del tutto annullata ed a partire dal 1938 il
Venezuela diventa il paese col PIL pro capite più alto dell’America del
Sud.
Il petrolio ha letteralmente
trasformato il paese, a partire dal 1914, data in cui si è cominciato a
sfruttarlo. Nel 1929, solamente quindici anni dopo, il Venezuela diventa
il secondo produttore mondiale dopo gli USA e primo paese esportatore.
Per oltre 40 anni, fino agli inizi degli anni settanta, il Venezuela è
il primo paese esportatore di petrolio al mondo. Il grande impulso allo
sviluppo del paese arriva con la seconda guerra mondiale, durante la
quale fornisce il 60% della domanda petrolífera delle forze alleate.
Grazie al petrolio, dunque, nel secondo dopoguerra il Venezuela diventa
uno dei paesi col più alto PIL pro capite del mondo. Nel biennio
1948-1949 il Venezuela ha il terzo PIL pro capite al mondo, praticamente
a ridosso di Usa e Svizzera. Per tutto il corso degli anni cinquanta e
sessanta è tra i primi dieci paesi del mondo sempre per quanto riguarda
il PIL pro capite.
Negli anni settanta, con la
nazionalizzazione dell’industria petrolífera, avvenuta il primo gennaio
del 1976 e la creazione di PDVSA, l’impresa petrolífera nazionale, si
genera una situazione paradossale: agli enormi ingressi petroliferi non
corrisponde un adeguamento dell’apparato produttivo e per conseguenza si
genera una grande inflazione, che porta ad una ingente fuga di
capitali. Tutta l’economia del paese ruota attorno al petrolio, ma
quando nel corso degli anni ottanta cadono i prezzi di questa materia
prima, i governi di turno si ritrovano con grossi problema finanziari e
cominciano a ricorrere al debito estero. Nel 1983 il governo, presieduto
da Luis Herrera Campis, per far fronte alla enorme fuga di capitali
decide di instaurare nel paese uno stretto controllo cambiario,
accompagnato da una forte svalutazione (100%) della moneta locale
rispetto al dollaro (il famoso venerdi nero del 18/02/1983). La
situazione del paese precipita. Il ricorso al debito estero ed al FMI
determina l’implementazione, nel 1989, di una rigida politica
neoliberale da parte del presidente Carlos Andres Perez. Il
“pacchettazzo” neoliberale si caratterizza per la liberalizzazione dei
prezzi di tutti i beni e servizi, compresi quelli di prima necessità;
riduzione dei salari; smantellamento di tutto lo stato assistenziale e
privatizzazione di tutto quanto è possibile privatizzare, compresi
sanità ed educazione, oltre alle principali imprese del paese. Anche
PDVSA, la più importante impresa del paese, con la cosiddetta política
di apertura petrolífera, si avvia verso la privatizzazione.
La povertà nel paese aumenta
rapidamente ed alla fine degli anni ottanta l’80% della popolazione
venezuelana vive in povertà ed oltre il 40% in povertà estrema.
L’esplosione sociale era inevitabile: il 27 febbraio del 1989 a Caracas e
nelle principali città del paese scoppiano le proteste popolari, che
vengono inmediatamente represse dalle forze di polizia e dai militari.
Il bilancio è drammatico con un numero imprecisato di morti, che però
assomma a varie migliaia.
Il malcontento si propaga
anche alle forze militari, in particolare alla truppa ed ai
sottoufficali, che per ordine dall’alto sono stati costretti a compiere
il massacro del 27 e 28 febbraio 1989. Il malcontento all’interno della
truppa sfocia nella ribellione del 4 febbraio del 1992, quando un gruppo
di militari capeggiati da Hugo Chávez, tenta di rovesciare il
presidente Carlos Andres Perez. Il tentativo fallisce ed i militari
ribelli finiscono in carcere. A novembre dello stesso anno, vi è una
nuova ribellione militare, che ugualmente fallisce. La società è ormai
scossa ed il paese appoggia i militari ribelli, che nel frattempo sono
condannati ad un lungo periodo di detenzione.
La situazione economica del
paese continua a precipitare e la crisi bancaria del 1994 da il colpo di
grazia al sistema ed al governo, che alla fine cade sotto il peso della
corruzione. L’intera classe política è spazzata via ed il nuovo
presidente, Rafael Caldera, viene eletto sulla promessa di concedere
l’indulto ai militari ribelli.
Il neoeletto presidente
mantiene la promessa elettorale ed i militari ribelli escono dal
carcere. Hugo Chávez, il tenente colonnello a capo della prima rivolta
militare, cosciente di godere di un grande appoggio popolare decide di
fondare un movimiento politico e si presenta alle successive elezioni
presidenziali del 1998. Vince ed il 2 febbraio del 1999 diventa
presidente. Con l’avvento di Chávez alla presidenza, la storia del
Venezuela cambia radicalmente, fino a diventare oggi, secondo i dati
pubblicati dal FMI a fine aprile, la seconda economia della regione,
dopo il Brasile.
In questo decennio
(1999-2009) le politiche del nuovo governo tendono ad una maggiore
presenza dello stato nella sfera económica e i principi basilari della
nuova política sono il diritto gratuito alla sanità ed alla educazione
per tutti. In sostanza le politiche del nuovo governo tendono ad
assicurare una maggiore e più equa redistribuzione della ingente
ricchezza nazionale fra tutte le classi sociali.
Sono queste le politiche che
stanno determinando il successo del paese, che si avvia al ruolo di
potenza regionale. Il Venezuela principale riserva di prodotti
energetici della regione, oltre che di numerose altre materia prime di
cui è ricco il sottosuolo, sul piano internazionale è fortemente
impegnato in una política di integrazione, cosciente che l’unione di
tutti i paesi della regione (e si spera di coinvolgere tutti i paesi
dell’emisfero, dal Messico in giù) possa
determinare benefici per tutti.
Attilio
Folliero e Cecilia Laya
Nota
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(1) Dati pubblicati dal FMI
all’Url: www.imf.org/external/pubs/ft/weo/2010/01/weodata/index.aspx